Vinile

Anna Livia Plurabelle: vinile.

 

 

Nel 1924, James Joyce, accompagnato da Sylvia Beach, registrò un estratto dell’Ulisse nello studio della His Master’s Voice. Nel 1929, il filosofo e linguista Charles Kay Ogden chiese alla proprietaria della libreria Shakespeare & Co. di portare Joyce nello studio della Orthological Society di Cambridge, dove egli intendeva coinvolgere lo scrittore in una sessione di registrazione migliore rispetto a quella tenutasi cinque anni prima – il cui risultato, sosteneva Ogden, era tutt’altro che di alta qualità. Sylvia Beach, nella sua autobiografia Shakespeare and Company, racconta che:

 

Ogden si vantava di avere, nel suo studio di Cambridge, i due più grandi registratori al mondo, e mi disse di mandare Joyce da lui per una vera registrazione. E quindi Joyce si diresse a Cambridge per registrare ‘Anna Livia Plurabelle’.

E così misi insieme questi due, l’uomo che stava tentando di espandere e liberare dai vincoli la lingua inglese, e colui che la voleva condensare in cinquecento parole. I loro esperimenti andavano in direzioni opposte, ma questo non impedì loro di trovare le rispettive idee interessanti. Il poter usare solo cinque/seicento parole sarebbe stato come privare Joyce del pane, ma lo scrittore irlandese rimase comunque divertito dalla versione di ‘Anna Livia Plurabelle’ scritta in Basic English [lingua artificiale creata da Ogden, che consisteva in una fondamentale semplificazione della lingua inglese: secondo il linguista, le 850 parole del Basic English sarebbero state sufficienti ad esprimere qualsiasi concetto. N.d.T.] da Ogden e pubblicata su Psyche.

[…] Quant’è bella la registrazione di ‘Anna Livia Plurabelle’, e quanto è divertente l’imitazione della cadenza di una lavandaia irlandese fatta da Joyce! È un gioiellino che dobbiamo a C.K. Ogden e al Basic English. Joyce, famoso per la sua memoria, conosceva sicuramente ‘Anna Livia’ a memoria; tuttavia si incespicò su un passaggio e, come accadde durante la registrazione dell’Ulisse, dovettero ricominciare da capo.

Ogden mi diede entrambe le versioni. Joyce invece mi regalò i fogli immensi su cui Ogden aveva fatto stampare ‘Anna Livia’ a caratteri cubitali, così che l’autore – stava perdendo sempre più la vista – potesse leggerlo senza sforzo. Mi chiedevo dove Ogden avesse trovato dei caratteri così grandi, fino a che il mio amico Maurice Saillet mi disse, dopo averli esaminati, che le pagine del libro corrispondenti erano state fotografate e ingrandite considerevolmente.

 

Testo originale.



 

Testo tradotto in italiano.



 

Ascolta un’altra, interessante versione dell’estratto. Le parole sono le stesse, ma lo stile… non proprio. Si tratta di Waywords and Meansigns, l’intero Finnegans’ Wake trasformato in musica!

 

 

Ma chi è Anna Livia?

Proposto agli editori da T.S. Eliot e pubblicato sottoforma di opuscolo nel 1930, Anna Livia Plurabelle è, senza alcun dubbio, il più celebrato e famoso episodio di Finnegans Wake. Moglie del protagonista Humphrey Chimpden Earwicker e da molti considerata la personificazione del fiume Liffey, Anna Livia può essere descritta come

 

la donna-fiume, la cui presenza si percepisce nel ‘fluidofiume’ con cui si apre Finnegan’s Wake e il cui monologo chiude il romanzo. Per più di seicento pagine, Joyce presenta Anna Livia quasi esclusivamente attraverso gli altri personaggi – come accade nell’Ulisse, dove sentiamo ciò che Molly Bloom ha da dire su se stessa solo nell’ultimo capitolo.

[da: Crispi, Luca, e Sam Slote (a cura di). 2007. How Joyce Wrote Finnegans Wake: A Chapter by Chapter Genetic Guide. Madison: University of Wisconsin Press)]

 

In questo senso, rappresentativo è il passaggio registrato da Joyce nel 1929, definito dallo stesso come “il chiacchiericcio da una parte all’altra del fiume di due lavandaie che, allo scendere della notte, diventando un albero e una pietra” (Killeen, Terence. 2016. “Life, Death, and Washerwomen”. Hypermedia Joyce Studies, vol. 15). L’episodio, infatti, tratta proprio di due lavandaie che, intente a lavare i panni nel Liffey, discutono la lettera che si dice sia stata scritta da Anna Livia in risposta alle accuse di abuso sessuale rivolte al marito.

In un recente articolo apparso sul The Guardian, Edna O’Brien si chiede se Anna Livia rientri in quella che è la nozione comunemente condivisa di eroina e se, dal punto di vista del lettore, sia effettivamente possibile identificarsi pienamente con il personaggio. La risposta che si dà, alla fine, la scrittrice irlandese è

 

[…] no, non come facciamo con altre Anna, o Emma Bovary, o Clarissa, o Moll Flanders. Lei è, allo stesso tempo, troppo particolare  e troppo distante. Mentre Molly Bloom è tutta sensualità e istinto, Anna è essenza. Non entriamo nella sua testa, né conosciamo la dinamica del suo disincanto nel passaggio dalla giovinezza all’età adulta – tranne che per un unico, straziante lamento: ‘Non c’è nessuno che mi capisce?’ Probabilmente no, con l’eccezione di Joyce.

[da: O’ Brien, Edna. 2017. “How James Joyce’s Anna Livia Plurabelle Shook the Literary World”. The Guardian, 27 gennaio.]

 

 

L’altra Livia.

Per quanto fuggevole ed eterea appaia Anna Livia Plurabelle, la figura femminile principale di Finnegans Wake trae ispirazione da una donna ben più reale. Si tratta di Livia Veneziani, moglie di Italo Svevo, e fu lo stesso Joyce a farlo notare all’amico, in una lettera speditagli o poco dopo l’uscita sul Transatlantic Review dei primi frammenti tratti dall’opera – allora intitolata semplicemente “Lavori in corso” (“Work in Progress”).

 

A proposito di nomi, ho dato il nome dato il nome della Signora alla protagonista del libro che sto scrivendo. La preghi di non impugnare né armi bianche né quelle da fuoco giacché si tratta della Pirra irlandese (o piuttosto dublinese) la cui capigliatura è il fiume sul quale (si chiama Anna Liffey) sorge la settima città del cristianesimo.

[da: Joyce, James. 2016. Lettere e saggi. A cura di Enrico Terrinoni. Trad. di Giorgio Melchiori, Giulian Melchiori, Renato Oliva, e Sara Sullan. Milano: il Saggiatore S.r.l.]

 

Tutt’altro che contenta ne fu Livia Veneziani, che, da donna superba e rispettosa delle classi sociali in cui era suddivisa la società triestina dell’epoca, non fu per nulla lieta di scoprire che l’amico del marito aveva romanzato la sua figura attraverso le parole di due lavandaie frivole e di umile origine – personaggi ai quali non aveva alcun desiderio di venire associata. In un’altra lettera a Svevo, forse in un (vano) tentativo di raffreddare gli animi, Joyce scrisse di

 

[r]assicur[are] la sua Signora in quanto riguarda la figura d’Anna Livia. Di lei non tolsi che la capigliatura e quella soltanto a prestito per addobbare il rigagnolino della mia città l’Anna Liffey che sarebbe il più lungo del mondo se non ci fosse il canal che viene da lontano per sposare il gran divo, Antonio Taumaturgo e poi cambiato parere se ne torna com’è venuto.

[da: Joyce, James. 2016. Lettere e saggi. A cura di Enrico Terrinoni. Trad. di Giorgio Melchiori, Giulian Melchiori, Renato Oliva, e Sara Sullan. Milano: il Saggiatore S.r.l.]

 

Non ci è dato sapere se Livia Veneziani abbia mai accettato la decisione di James Joyce di eleggerla a musa ispiratrice del personaggio femminile principale della sua opera più controversa. Ciò che sappiamo, però, è che, nonostante le preoccupazioni della donna, Anna Livia Plurabelle prese vita e, con ella, anche la “chioma” scarlatta del fiume Liffey. Il primo gennaio 1939, Joyce scrisse a Livia che

 

[f]inalmente ho finito di scrivere il mio libro. Sono già tre lustri che pettino e ripettino la chioma di Anna Livia. È ora che s’avanzi alla ribalta.

[da: Joyce, James. 2016. Lettere e saggi. A cura di Enrico Terrinoni. Trad. di Giorgio Melchiori, Giulian Melchiori, Renato Oliva, e Sara Sullan. Milano: il Saggiatore S.r.l.]