Nora

Cara Nora.

 

 

Nata a Galway nel 1984 da un fornaio analfabeta e una sarta, si trasferì da sola a Dublino nel 1903, dove trovò lavoro come cameriera al “Finn’s Hotel” – e fu proprio nei pressi dell’hotel che, il 16 giugno 1904, incontrò James Joyce per a prima volta. Del loro primo incontrò, Nora ricorda che

 

[l]o scambiai per un marinaio svedese – i suoi occhi blu elettrico, berretto da diportista e scarpe di tela. Ma quando parlò… be’, mi sembrò solo l’ennesimo jackeen [termine spregiativo per indicare un dublinese autoritario e senza particolari qualità N.d.T] che tenta di attaccare bottone con una ragazza di campagna.

[da: Norris, David, e Carl Flint.1994. Introducing Joyce: A Graphic Guide. Londra: Icon Books Ltd]

 

Pochi mesi dopo il loro primo incontro, Nora decise di lasciare l’Irlanda e seguire Joyce nel continente, nei suoi continui trasferimenti tra Zurigo, Pola, Trieste e Parigi. Nel luglio 1905 la coppia ebbe il loro primo figlio, Giorgio, mentre nel 1907 nacque la loro secondogenita Lucia. Nonostante una vita trascorsa insieme, James e Nora si sposarono solamente a Londra nel 1931, dieci anni prima della morte di Joyce.

Nonostante sostanziali differenze nelle loro personalità, gusti e interessi, i Joyce costituivano una coppia molto affiatata. Non solo compagna di vita, Nora fu anche fonte d’ispirazione per l’attività letteraria di Joyce, diventando il modello utilizzato dallo scrittore per la creazione di molti dei suoi personaggi femminili – Molly Bloom in primis. Tuttavia, la loro relazione fu particolarmente complessa, e di certo non priva di difficoltà.

Il 1908, anno in cui Nora ebbe un aborto spontaneo, costituì l’inizio di una crisi. Nora, nelle lettere alla sorella, si lamentava degli eccessi del marito, occupato a bere e spendere soldi più che del sostentamento famigliare. Lo riteneva, inoltre, troppo assorbito dalla scrittura, che, la maggior parte delle volte, dava risultati, a suo parare, totalmente privi di senso compiuto.

Negli anni ‘30, la crisi si acuì a causa della malattia mentale della figlia Lucia: Nora credeva che la sua condizione richiedesse l’internamento in una struttura specializzata, mentre Joyce si opponeva fermamente; quando, però, nel 1936, a Lucia fu diagnosticata una forma di schizofrenia, fu ricoverata in una clinica. Al contrario del padre, Nora andò a far visita alla figlia molto raramente – e, dopo la morte di Joyce, non la rivide mai più.

Nonostante i periodi di crisi – e le continue minacce di lasciare il marito – Nora rimase sempre al fianco di Joyce. La loro vita insieme durò quasi quarant’anni, fino alla morte dello scrittore nel 1941.

 

 

“Centomila baci, tesoro!”

Una relazione passionale, fu quella tra Nora Barnacle e James Joyce, sin dalla loro prima uscita – di cui Joyce confessa che fu l’occasione in cui la ragazza “fece di me un uomo. Una passione che è giunta sino a noi nelle parole dello scrittore, proprio in quelle lettere che scriveva alla sua amata quando si trovavano lontani.

Dalle lettere immediatamente successive al primo incontro – lettere che si limitano a rivivere con dolcezza i momenti passati insieme e ad esprimere un certo rammarico per la difficoltà nel vedersi – si passa ad epistole dal contenuto più profondo ed impegnativo, con un James Joyce che si sta pian piano rendendo conto della necessità di fuggire da quell’Irlanda in cui si sente intrappolato. Con il passare degli anni, man mano che la loro relazione si faceva più solida ed intensa, le lettere iniziarono a caricarsi di un forte erotismo, diventando il mezzo con cui i due amanti potevano sentirsi vicini anche quando si trovavano in città diverse. Durante il periodo che lo scrittore trascorse a Dublino nel tentativo di aprire un cinematografo nella città – che ne era priva – scriveva alla moglie che

 

[…] ci deve essere una cometa troppo vicina alla terra, perché sono ancora pervaso dalla febbre del desiderio bestiale. Oggi mi sono fermato di botto più volte per la strada imprecando al ricordo delle lettere che ti ho scritto ieri sera e la sera precedente. […] Forse la loro volgarità ti ha disgustato. Come sai, carissima, non uso mai espressione oscene nel parlare. Non mi hai mai sentito, non è vero, profferire una parola vergognosa in pubblico. Quando si raccontano qui in mia presenza storielle sporche o indecenti sorrido a malapena. Però pare tu riesca a trasformarmi in una bestia. Sei stata tu stessa, bambina cattiva e svergognata ad aprire la strada.

[da: Joyce, James. 1909. Lettera a Nora Barnacle, 3 dicembre]

 

E ancora:

 

[…] Puniscimi quanto vuoi. Mi farebbe un piacere folle sentir mia carne vibrare sotto i colpi della tua mano. Sai cosa voglio dire, Nora? Vorrei che mi picchiassi o perfino mi fustigassi. Non per scherzo, cara, ma sul serio, e a pelle nuda. Vorrei che tu fossi forte, forte, cara, e avessi un bel pettone fiero e delle belle coscione polpute. Come vorrei essere frustato da te, Nora amore mio!

[da: Joyce, James.1909. Lettera a Nora Barnacle, 13 dicembre]

 

Della corrispondenza dalla parte di Nora ci è rimasto ben poco, ma a sufficienza per capire quanto la donna, anche nella suo modo di scrivere, sia stata fonde d’ispirazione per lo scrittore. Se si confronta uno dei pochi estratti a nostra disposizione con il monologo di Molly Bloom, epilogo dell’Ulisse – entrambi intensi, frenetici e privi di punteggiatura – il verdetto appare inequivocabile.

NORA
(lettera)

MOLLY
(monologo)

Caro Jim sono così stanca stanotte non so dirti quanto ti ringrazio per la gentile lettera che ho ricevuto inaspettatamente questa sera ero molto presa quando è venuto il Postino sono corsa in una delle camere da letto per leggere la tua lettera mi hanno chiamata cinque volte ma ho fatto finta di non sentire e ora sono le undici e mezza e non ho bisogno di dirti che a malapena riesco a tenere gli occhi aperti e sono contenta di abbandonarmi al sonno quando non posso pensare tanto a te quando mi svegli la mattina non penserò ad altro che a te Buonanotte fino alle 7 di domani sera.

Sí perché non l’aveva mai fatto di chiedere la colazione a letto con due uova dai tempi del City Arms Hotel quando faceva la scena del malato là steso che neanche un re con la vocina per incantare quella befana della Riordan ma lei neanche un soldo ci ha lasciato tutto per le messe per lei e l’anima sua una spilorcia cosí mai vista giuro le veniva male a tirar fuori 4 soldi per l’alcool metilico mi raccontava i suoi mali sempre a cicalare sulla politica e i terremoti e la fine del mondo ma sant’Iddio godiamocela un po’ se tutte le donne fossero come lei contro costumi da bagno e scollature si capisce che non erano cose per una del suo stampo […]