Manifesto 2018

Leggendo l’Ulisse ad alta voce:
Eolo, più di “mera oratoria”.

 

 

Nel 1924, James Joyce, spinto dall’amica – e fondatrice della Shakespeare and Company – Sylvia Beach, decide di recarsi nello studio di Parigi della His Master’s Voice per una registrazione di un passaggio dell’Ulisse. L’etichetta discografica, in realtà, ebbe ben poco a che fare con la registrazione: si sarebbe limitata a prestare loro le attrezzature richieste, ma qualsiasi altra spesa avrebbe dovuto essere autofinanziata; inoltre, il rappresentante della His Master’s Voice mise subito in chiaro che il loro marchio non sarebbe comparso sul prodotto. Nella sua autobiografia Shakespeare and Company, Sylvia Beach racconta che fu mandata da

 

[…] Piero Coppola, ma la His Master’s Voice accettò di registrare la lettura di Joyce solamente se fosse stata fatta a mie spese. La registrazione non avrebbe portato il loro marchio, né sarebbe comparsa nel loro catalogo. In Inghilterra e in Francia, registrazioni di scrittori erano state fatte già nel 1913. Guillaume Apollinaire ne aveva fatte alcune che ora sono conservate negli archivi del Museo della parola. Ma nel 1924, come disse Coppola, non veniva richiesta nient’altro se non musica. Accettai le condizioni della His Master’s Voice: trenta copie della registrazione da pagare al momento della consegna. E questo è quanto.

 

La registrazione non avvenne senza intoppi – al primo tentativo, infatti, il processo dovette venire interrotto ed essere ripreso il giorno successivo; tuttavia, secondo la stessa Sylvia Beach, il risultato finale può essere considerato una “performance straordinaria”.

Questa rimarrà l’unica e sola registrazione tratta dall’Ulisse mai fatta da Joyce.

 

 

Eolo.

Nell’Odissea, il dio dei venti Eolo regala ad Ulisse un otre in pelle di bue contenente tutti i venti contrari alla navigazione, raccomandandogli di non aprilo per nessun motivo – altrimenti non sarebbe mai riuscito a fare ritorno a Itaca. Un compagno di viaggio, tuttavia, spinto dalla curiosità, disobbedisce agli ordini impartiti dal comandante, liberando così i venti e mandando la nave fuori rotta.

Il settimo episodio dell’Ulisse, quello appunto dedicato ad Eolo, è ambientato nella sede del Freeman’s Journal, e il vento è rappresentato simbolicamente dalla retorica vuota e volatile utilizzata nel giornalismo. L’intero capitolo è strutturato come un collage di articoli di giornale, ognuno introdotto dal proprio titolo, colmo di esempi di oratoria e ricco – per non dire ridondante – di figure retoriche.

Ma perché, viene da chiedersi, Joyce scelse proprio questo passaggio? Sylvia Beach rivela di essere convinta che “non fosse solo per ragioni declamatorie che scelse questo passaggio da Eolo. Credo esprimesse qualcosa che lui voleva fosse detto e conservato con la sua voce”.

Nell’estratto viene fatto un parallelismo tra la condizione politica irlandese dell’epoca – quella di uno stato desideroso di rivoluzione e, conseguentemente, di liberazione dall’impero britannico – e l’esodo ebraico dalla cattività egiziana. Tale tema era particolarmente sentito da Joyce, al punto tale che, durante la sua collaborazione con il quotidiano triestino Il Piccolo, diventò l’argomento ricorrente dei suoi articoli – tema in cui fu poi inserito un ulteriore parallelismo, quello con l’irredentismo triestino e della sottomissione della città all’impero asburgico.

Nella parte finale del suo resoconto sulla registrazione, Sylvia Beach dichiara che, nonostante Joyce sostenesse di aver scelto quel passaggio specifico perché si prestava ad essere recitato ad alta voce, “si ha la sensazione che si tratti di qualcosa di più di mera oratoria” – e, date le premesse, è un’affermazione difficile da smentire.